Zen

 

La parola Zen () è una traslitterazione della termine cinese Ch’an che a sua volta deriva dal sanscrito Dhyana termine che comunemente è tradotto con meditazione ed è presente  nell'insegnamento di Buddha per indicare i graduali stati di coscienza caratterizzati da profonda comprensione che scaturiscono dall'esercizio del Samadhi, ossia la concentrazione meditativa. La particolare concezione del vuoto si distacca totalmente dal nichilismo occidentale. Il "mu", l'indicibile nulla dello Zen, è qualcosa di dinamico, stato germinale di tutte le cose, condizione di ogni possibilità, contenitore del tutto. Uno dei modi di indicarlo è l'enso, un ideogramma dalla forma circolare che è tra i simboli più significativi dello Zen.

Obiettivo dello Zen è pervenire al satori, l'illuminazione che porta a un più alto livello di coscienza. La differenza tra il Nirvāa della tradizione buddhista e il satori è che il primo si presenta come rinuncia al mondo e distacco da esso, proprio come nell'ascetica noluntas di Arthur Schopenhauer, il satori invece, si propone una partecipazione attiva e consapevole al mondo e non una fuga da esso. Collegate a tale dottrina è possibile trovare numerose pratiche appartenenti a campi eterogenei. Origine e fondamento delle arti e della cultura, lo Zen ispirò la poesia (haiku), la cerimonia del tè (chano-yu o cha-do), l'arte di disporre i fiori (ikebana), l'arte della calligrafia (sho-do), la pittura (zen-ga), il teatro (Nō), l'arte culinaria (zen-ryori, shojin ryori, fucha ryori) ed è alla base delle arti marziali (es. aikido, karate, judo), dell'arte della spada (kendo) e del tiro con l'arco (kyudo). Tra le pratiche zen si distinguono in modo particolare lo Zazen ed il Kin-hinzazen. Il kin-hin (let. "marciare in linea retta nel verso della trama di un tessuto"), la meditazione camminando. Lo Zazen è un termine che deriva da "za", seduto e "zen", meditare e indica proprio la meditazione da seduti, su un cuscino detto "zafu", accompagnata da determinate posizioni delle mani e determinati ritmi respiratori, con l'obiettivo di portare la mente a un vuoto produttivo. Zazen è in origine la postura del Buddha tramite la quale egli ottenne la completa liberazione, la suprema saggezza e la vera libertà.

 

Esso consente di ritrovare le proprie radici e penetrare la realtà della propria vita. Attraverso questa pratica, i valori che danno un senso alla vita umana sono basati sull'esperienza del corpo e della mente. Zazen è l'esperienza dell'unità prima di ogni dualità. E' per questo che è quasi impossibile parlarne perché il linguaggio separa... Tutte le scienze umane o fisiche osservano l'uomo sotto un angolo particolare. Ma la somma di tutte queste visioni non rigenererà mai un uomo vivo, perché la vita di un essere umano è, alla fine, al di là di tutte le analisi possibili, questo al di là è la vita, ed è lo Zen.

PRINCIPI

I quattro pilastri sono:
Respiro - Postura - Perpendicolarità - Pressione
I quattro spiriti sono:
WA armonia - KEI rispetto - SEI purezza - JAKU realizzazione

Essi sono i principi etici e morali che provengono dalla visione Buddista dell’universo, dove simbolicamente i quattro elementi fondanti e creatori dell’universo sono: Cielo, Terra, Fuoco ed Acqua. Il tutto non è che armonia e semplicità, silenzio vivente e serenità.
WA (Armonia)
Wa è il Cielo, il principio armonico di tutte le cose, rappresenta quindi la saggezza originaria che sottende a tutto il creato e che si manifesta nell’essere che ritorna all’origine realizzando l’illuminazione. Essa è raggiunta mediante esercizi di respirazione
Kei (Rispetto)
Kei è il Fuoco, “La Manifestazione” di ogni cosa, è l’accendersi, la nascita del singolo nel tutto, la manifestazione. I cinesi portano come simbolo la figura del Dao: l’uno nel tutto e il tutto dentro ad ogni essere. L’armonia è data dalla reciproca relazione di rispetto. E’ Solo attraverso il riconoscimento dell’altro ed il suo rispetto che l’altro può crescere e manifestarsi liberamente. E' raggiunto mediante una corretta postura
Sei (Purezza)
Sei è l’Acqua, l’assenza di “Ego”. L’acqua che si riconosce fedelmente in ogni spazio che riempie adattandosi perfettamente, senza chiedere nulla in cambio. E' raggiunto mediante la perpendicolarità
Jaku (Serenità/realizzazione)
Jaku è la Terra il ritorno “all’Origine” è il completamento dell’essere Quando Wa, Kei, Sei prendono vita, avviene Jaku, la realizzazione. Compare solo se i Quattro Pilastri hanno preparato il terreno fisico e i Tre Spiriti lo hanno riempito. Quello che il Maestro Shizuto Masunaga chiamava il Satori dello Shiatsu. E' raggiunta mediante la pressione del corpo
 

FILOSOFIA DI VITA

Il Bodhisattva è colui che trova la sua piena realizzazione, il Nirvana. La sua vita si basa su 16 principi composti da: I Tre Rifugi - I Tre Precetti Universali - I Dieci Precetti Essenziali
I Tre Rifugi (Sanbokai) Rappresentano le fondamenta e l’orientamento di vita del Bodhisattva.  Sono Il Buddha, Il Dharma, Il Sangha.
- Nel Buddha: facciamo voto di vivere nell’Illuminazione, cioè prendiamo atto della natura illuminata che è già in ogni essere.
- Dharma indica sia l’Assoluto, che l’insegnamento, cioè il divenire dell’Assoluto. Fare voto di rifugio nel Dharma, significa seguire le regole stesse dell’Universo e i suoi insegnamenti, che nel Buddismo si manifestano attraverso le indicazioni degli antichi Maestri e del Buddha stesso.
- Nel Sangha riconosciamo il ruolo interattivo di tutti gli uomini e la loro manifestazione come Buddha: esseri illuminati.
I Tre Precetti Universali (Sanjujokai) Tre indicazioni essenziali Universali, della coscienza di ogni uomo.
- Non fare il male: è prendere consapevolezza del proprio vivere spesso egoico e prevaricatore, è una continua attenzione alla nostra vita e al rispetto della vita dell’Universo.
Astenersi dal nuocere a se stessi e agli altri, agli animali, alle piante, al pianeta intero.
- Fare il bene: è la conseguenza diretta dell’astenersi dal fare il male, ma è molto di più. Spesso non basta non fare, ma è importante l’azione che si compie e come si agisce nella vita.
- Aiutare gli altri: è l’unione del sé con il tutto. E’ scoprire che sino a quando tutti gli esseri non saranno risvegliati, nessuno lo sarà, e nello stesso tempo, quando un essere "diviene" un Buddha, l’intero Universo è un Buddha.
I Dieci Precetti Essenziali
Il Maestro Buddhista Shantideva nel suo Bodhicayavatara dice: "Non sono i voti del Bodhisattva a riempire la mia esistenza, ma è il mio vivere che riempie di vita i voti stessi".
 
  1. Entrare nella Via di non uccidere coltivando e incoraggiando la vita.
  2. Entrare nella Via di non prendere ciò che non è dato coltivando e incoraggiando la generosità.
  3. Entrare nella Via di non abusare dell’amore e del sesso coltivando e incoraggiando una onesta relazione tra tutti gli esseri.
  4. Entrare nella Via di non parlare falsamente a proprio vantaggio coltivando e incoraggiando la giusta conoscenza.
  5. Entrare nella Via di non intossicarsi e di non intossicare gli altri coltivando e incoraggiando la chiarezza.
  6. Entrare nella Via di non giudicare gli altri coltivando e incoraggiando il mutuo rispetto per tutti gli esseri e l’Universo.
  7. Entrare nella Via di non elevare me stesso abusando degli altri coltivando e incoraggiando me (se ) stesso e gli altri a vivere in accordo con la propria Natura Risvegliata.
  8. Entrare nella Via di non mettere scompiglio nel Sangha coltivando e incoraggiando una relazione reciproca di aiuto tra tutti.
  9. Entrare nella Via di non indulgere all’ira coltivando e incoraggiando una relazione di amore e comprensione.
  10. Entrare nella Via di non abusare dei Tre tesori coltivando e incoraggiando la Via del Bodhisattva per tutti gli esseri.

STORIA

Trasmesso da maestro a discepolo senza interruzione da più di 2.500 anni, la pratica dello Zen divenne accessibile agli Occidentali nel 1967 con l'arrivo del Maestro Taisen Deshimaru in Europa. Nato a Saga nel 1914, morto a Tokyo nel 1982, il Maestro Deshimaru ha praticato zazen per cinquant'anni ed è stato il primo a presentare una visione globale dello Zen in Occidente.  Il Maestro Kodo Sawaki (1880-1965), di cui fu discepolo, resta nella storia dello Zen come il grande riformatore moderno che seppe ritornare alle origini del più puro insegnamento del Maestro Dogen, fondatore dello Zen Soto in Giappone nel XIII° secolo.Benché lo Zen si sia sviluppato nell'ambito di una delle più antiche tradizioni dell'umanità, il buddhismo, l'essenza del suo messaggio ha un significato universale. Esso è il principio unificatore che forma la radice della conoscenza di se stessi al di là delle differenze dei sistemi, dei valori, delle nazioni o delle razze. Se è talvolta considerato una religione o una filosofia, lo Zen non verte in effetti su alcun dogma, né su alcuna ideologia. Si indirizza direttamente al cuore dell'uomo, è esperienza vivente e slancio creativo prima di ogni formalismo.

MASSIME ZEN

Un giorno al maestro Seng-ts'an si presentò un giovane che dichiarò: "Vengo da te perché cerco la liberazione".
"Chi ti ha incatenato?" gli domandò il maestro.
"Nessuno."
"Allora, sei già libero."

Commento: In realtà, ciò che incatena gli uomini è proprio la loro coscienza di non essere liberi. Una volta eliminato questo ostacolo, che cosa continuerà a condizionarci? "Se vuoi, sei libero" dice in tal senso Epitteto.

Il dito e la luna
 

Una sera di plenilunio, il maestro Pai-chang chiamò i suoi allievi e disse loro: "chi ha capito l'insegnamento zen dev'essere in grado di spiegare che cos'è la luna senza nominarla".
Uno dei discepoli pensò: "Questa volta non posso sbagliare". Sollevò il braccio e con il dito indicò la luna.
Pai-chang gli afferrò il dito e glielo storse. "E adesso dov'è la luna?" domandò.
Il monaco si risvegliò.

Commento: Non esiste solo il linguaggio delle parole: anche i gesti le espressioni e lo stesso silenzio constituiscono un linguaggio. Quando lo Zen dice che dobbiamo cogliere la verità (oltre la mente), si riferisce a qualsiasi tipo di espressione escogitata dall'uomo. Il monaco che aveva creduto di risolvere questo caso in modo simile al precedente aveva in realtà utilizzato solo un altro tipo di linguaggio. Ma non era riuscito a "dire" che cosa fosse la luna. Come recita un detto zen, "il dito che indica la luna non è la luna". Non dobbiamo illuderci che il "senso delle cose" sia stato concepito (per) l'uomo. "Il cielo e la terra sono disumani" dichiara in tal senso Lao-tzu. Dopo aver (parlato) delle cose, abituiamoci a togliere il "dito" e a guardare la realtà senza simboli.
 
Una trasmissione speciale
 
 

Fu chiesto una volta a Bodhidharma di dare una definizione dello Zen.
Ed egli, contravvenendo allo spirito stesso del suo insegnamento, rispose così: "È una trasmissione speciale al di fuori delle scritture, è indipendente da parole e da lettere, punta direttamente allo spirito dell'uomo, è un contemplare la propria natura".

Commento: Nello Zen non esistono né testi "sacri" né tanto meno "rivelazioni divine". La comunicazione avviene soltanto da spirito a spirito, senza mediazioni di parole e di discorsi. Anche il maestro esterno non è che espressione di quello interiore. L'unica vera guida è in effetti il proprio sé. L'essenza delle cose può e deve essere colta nella "propria natura", la quale è a sua volta parte della natura originaria generale. Questa condizione esiste (prima) del nostro linguaggio, ed è ad essa che dobbiamo volgerci quando la nostra mente ci fa perdere il contatto con la realtà.
Le autorità
 

"Se volete scoprire la verità, quando incontrate sulla vostra strada il Buddha, uccidete il Buddha."

(Lin-chi)

Commento: Questo pensiero riguarda tutti i maestri e tutte le autorità. Se fino a un certo punto possono essere utili per indicarci la Via, da quel punto in poi rappresentano un ostacolo. E dobbiamo farne a meno. La méta è costituita proprio dalla liberazione, e non può essere raggiunta finché restiamo attaccati a qualche guida. Anche i "liberatori", alla fine, devono essere messi da parte. Altrimenti, come dice lo Zen, saremo soltanto "una misera impronta di una misera impronta". Pur nel rispetto delle grandi guide spirituali, dobbiamo "ucciderle" psicologicamente dentro di noi se vogliamo crescere. Non c'è altra via per maturare. Esaminiamo interiormente quale sia l'influsso attuale dei genitori, di educatori, di maestri e di guide varie, e domandiamoci se siamo in grado di procedere senza di loro, con le nostre gambe. Avremo così una valutazione del nostro grado di emancipazione. Non saremo mai noi stessi finché dipenderemo dagli altri per le nostre scelte fondamentali.
Lo Zen
 

Un monaco domandò al maestro Nan-ch'uan: "Che cos'è lo Zen?"
"È la vita di tutti i giorni."
"E come ci si avvicina ad esso?"
"Più cerchi di avvicinarti, più te ne allontani."

Commento: Non c'è bisogno di cercare il sacro nei templi e nelle scritture; il divino si esprime nelle cose semplici e quotidiane. E qui sta anche il senso, la verità, dell'esistenza. Siamo quindi tanto più vicini alla Via, al Tao o a Dio, quanto più viviamo esperienze essenziali, naturali. E tanto più ce ne allontaniamo, quanto più introduciamo elementi artificiali, mentali. Anche lo sforzo deliberato, l'intenzione calcolata, ci impedisce di raggiungere l'obiettivo, frappone un ostacolo che ci preclude di essere spontanei. "che cos'è lo Zen?" fu chiesto a Pai-chang. E lui rispose: "Mangia quando hai fame, dormi quando hai sonno". Anziché ricercare sempre nuovi stimoli, riconsideriamo i fatti essenziali della vita alla luce di questa nuova consapevolezza.
La vita quotidiana
 
 

"Che cos'è lo Zen?" fu domandato una volta a Bodhidharma.
Egli spiegò: "La vita di tutti i giorni".

Commento: È inutile aspettarsi una definizione filosofica, che non potrebbe mai cogliere l'essenza di qualcosa che non è riducibile a parole. Inutile anche aspettarsi la descrizione di eventi meravigliosi, di esperienze soprannaturali, di visioni, di rivelazioni, di déi o di paradisi. Lo Zen scopre lo straordinario nella più assoluta ordinarietà. Ma, per trovare il senso autentico della vita di tutti i giorni, dobbiamo eliminare - così come si sfoglia una cipolla - tutte le sovrapposizioni mentali: dobbiamo deporre ad uno ad uno i concetti e le identificazioni sociali.